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«UNA UNIVERSITÀ PIÙ FORTE PER FAR CRESCERE L’EUROPA»
C’è «un’Europa divisa, che uccide il futuro dei nostri figli», dice Romano Prodi. E un mondo che bolle come un vulcano. Tra terrorismo, guerre, povertà e clima sempre più malato. Dominano Stati Uniti e Cina. Con una Russia che oggi fa da arbitro. Ma l’Europa è anche «fragile» e oscilla tra un «non ancora» e un «non più». Non ancora politica, nonostante sia un colosso economico. E non capace di decisioni comuni nell’interesse di tutti gli Stati membri, sbilanciata com’è sulla Germania. In questo scenario l’Università - con Erasmus, scambi internazionali - gioca ancora un ruolo decisivo, «deve diventare più forte per costruire l’Europa e formare i giovani alle sfide della competizione globale». VERONA - che diede i natali a un vicepresidente del Parlamento europeo, il democristiano Guido Gonella - è porta dell’Europa all’incrocio degli assi nord-sud ed est-ovest, non può che raccogliere queste sfide. Anzitutto con la sua Università, guidata dal rettore Nicola Sartor. «Invitando le giovani generazioni a impegnarsi in questo urgente lavoro di immaginazione, europei di un’Europa ancora da venire ma che ha già un passato e abbisogna di un futuro, dichiaro aperto il trentatreesimo anno accademico 2015/2016». Con queste parole il rettore, di fronte a circa ottocento persone fra autorità civili, militari e religiose, docenti, studenti, ha inaugurato, a Veronetta, nel silos di Ponente, le attività di didattica e ricerca dell’ateneo, che ha 22mila studenti, e il nuovo Polo universitario Santa Marta, nella restaurata Provianda. OSPITE D’ONORE Romano Prodi, economista, già ministro e per due volte presidente del Consiglio, già presidente della Commissione europea, oggi alla guida della Fondazione per la collaborazione fra i popoli. Prodi ebbe Sartor, professore di Scienza delle finanze, come sottosegretario nel suo secondo governo, nel 2006, quando ministro era Tommaso Padoa Schioppa. SARTOR, sull’Unione Europea, rileva che «gli anni più recenti si stanno caratterizzando per una forte spinta verso la prevalenza degli interessi e della sovranità degli Stati nazionali rispetto a quelli della elaborazione di politiche comuni». Erroneamente, puntualizza, acquisizioni faticose come pace, benessere, libertà di pensiero, parità fra uomo e donna, disponibilità di fruire di servizi essenziali come salute e istruzione indipendentemente dallo stato economico, vengono ritenute permamenti. «E ciò rende ancora più preoccupante il noto ed esecrabile fenomeno della trasmissione, da parte di movimenti xenofobi e populisti, di messaggi secondo i quali proprio l’Europa e l’Euro, e non invece gli errori commessi per lo più dai singoli governi, sarebbero la causa di tutti i mali», dice ancora Sartor. Secondo cui servirebbero una «politica estera comune, europea, e una unione bancaria». LA SCOMMESSA, avverte però Prodi, per l’Europa si gioca nella politica comune, nel rilancio economico e soprattutto sulla conoscenza. A partire dall’Università. L’Italia? «Nel Rinascimento gli Stati italiani erano i primi nella scienza, nella tecnologia, nella banca, nella finanza, nell’arte militare. Ebbene: prima è venuta la prima globalizzazione, cioè la scoperta dell’America, e l’Italia per tre secoli e mezzo sparì dalla carta geografica». E oggi? «Siamo nell’era della seconda globalizzazione, quella delle reti. Come Google, Apple, Alibaba, Amazon, che però sono tutte americane o cinesi. Non ce n’è alcuna europea. E con un’Europa divisa stiamo uccidendo il futuro dei nostri giovani». L’appello, dunque, è a essere più comunità. «L’Europa è un gigante economico che, per la sua divisione interna, ha irrilevanza politica. È come se l’Europa avesse perso la sua energia e vivesse nella paura. Paura dei migranti, della crisi economica. Ecco perché», conclude, «bisogna cambiare strada, perché la vera solidarietà può nascere solo da una politica comune». L’Università di Verona raccoglie la difficile sfida. 10 Dicembre 2015 |
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