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Torna alla home page... Data Odierna: 16 Ottobre 2024   
IL SETTORE DELLE SIM E DELLE SCF: UN’ANALISI EMPIRICA

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Giorgia Lancioni
Laurea Magistrale in Banca e finanza (curriculum Gestione degli intermediari finanziari)
Titolo della tesi: IL SETTORE DELLE SIM E DELLE SCF: UN’ANALISI EMPIRICA
Votazione: 110/110 e lode
Relatore: Prof. Emanuele Maria Carluccio
Data di laurea: 07/04/2022
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Le società di intermediazione mobiliare (SIM) hanno rappresentato, fin dalla loro istituzione con la Legge n. 1/1991 e sino a non molto tempo fa, il punto centrale nell’offerta dei servizi di investimento nel nostro Paese. L’intensificarsi delle tensioni concorrenziali, con lo spostamento dell’attività verso altre forme di intermediari (soprattutto bancari), unitamente ai recenti cambiamenti normativi, che hanno provocato un incremento della complessità organizzativa ed un conseguente aumento dei costi di compliance, hanno però messo a rischio la sopravvivenza di molti operatori e causato già la scomparsa di molti altri. Nel complesso, dal 2010 il numero delle SIM iscritte all’albo Consob si è ridotto del 43%, passando dalle 110 società attive al primo gennaio 2010 alle 63 società attive alla data del 18 gennaio 2022. Il numero totale delle revoche che si sono verificate nel periodo preso in esame (in prevalenza dovute ad operazioni intra-gruppo e di M&A, 51, secondariamente dovute a liquidazioni volontarie e liquidazioni coatte amministrative, 23 su 87 totali), infatti, risulta essere più del doppio del numero delle nuove autorizzazioni.
Di contro, nei primi tre anni di vita dell’albo unico dei consulenti finanziari è balzato a quota 50 il numero delle società di consulenza finanziaria (SCF) iscritte nell’apposita sezione a loro dedicata dell’albo tenuto dall’OCF. Tuttavia, più che alla nascita di nuovi operatori, tale fenomeno è attribuibile al fatto che l’albo ha dato visibilità e regolarizzato una realtà, quella delle società di consulenza finanziaria indipendente, già esistente. Infatti, ben il 60% delle SCF che risultavano attive alla data del 18 gennaio 2022 esercitavano già l’attività prima della costituzione dell’albo il primo dicembre 2018 (6 delle quali erano SIM).
Ma quanto può durare questo trend di crescita del numero delle SCF? Se l’esperienza registrata nel settore delle SIM negli ultimi vent’anni può e deve insegnare qualcosa a quello delle SCF, con il quale presenta numerosi elementi in comune, dopo una prima fase di nascita di nuove imprese e di successivo consolidamento del settore è lecito attendersi l’avvio di un processo di aggregazione, che porti alla creazione di pochi ma grandi operatori in grado di presidiare il mercato grazie al raggiungimento delle economie di scala e di scopo.
È su questa l’ipotesi che si poggia lo studio realizzato dalla società di consulenza Demartini & Partners, che ha raccolto ed elaborato i bilanci di esercizio relativi al triennio 2018-2020 (periodo per il quale sono disponibili gli ultimi bilanci) di tutte le SIM e SCF, allo scopo di individuare le tendenze in atto all’interno dei due settori e prevederne i possibili scenari futuri.
Già da una prima osservazione dei dati, l’analisi rivela l’esistenza di una forte differenziazione tra le società appartenenti al settore delle SIM. Infatti, la distribuzione del margine di intermediazione e, a maggior ragione, quella dell’utile (o perdita) d’esercizio delle SIM esistenti alla fine di ciascun anno esaminato presentano una elevata concentrazione di risultati prossimi al pareggio e una coda destra positiva molto ampia. Ciò significa che sono numericamente pochissimi gli operatori in grado di produrre risultati rilevanti e che sono molto più numerosi, invece, quelli con valori prossimi allo zero o addirittura negativi.
In considerazione della forte disomogeneità esistente tra le imprese, si è deciso di segmentare il settore individuando dei clusters specifici di appartenenza delle società oggetto di analisi. Le SIM sono state così classificate in base alla loro dimensione, rappresentata dal margine di intermediazione, e in base alla tipologia di attività da essere svolta (in virtù del fatto che le SIM possono essere autorizzate a svolgere una pluralità di servizi di investimento – in media posseggono 3,1 licenze ciascuna), definita offerta prevalente nell’ambito dello studio sopracitato.
Suddividendo le SIM per quartili del margine di intermediazione, è emerso che le società appartenenti all’ultimo quartile (ossia il 25% delle SIM con il fatturato più elevato) generano sistematicamente più dell’80% del margine complessivo e, se a queste si aggiungono anche quelle del terzo quartile, si arriva a superare il 90%. Di conseguenza, le SIM dei primi due quartili riescono a produrre insieme meno del 10% del margine complessivo del settore. Si rileva, inoltre, che il passaggio da un quartile al successivo non avviene in modo regolare, poiché il margine di intermediazione medio delle SIM del quarto quartile è circa 7,6 volte più grande di quello relativo al terzo quartile, mentre il rapporto tra terzo e secondo quartile e il rapporto tra secondo e primo sono, rispettivamente, pari a 2,7 e 3,8.
Analoghe considerazioni possono essere fatte a livello di risultato netto di esercizio: le SIM del quarto quartile “spiegano” da sole più dell’intero utile cumulato del settore (oltre il 100%); quelle del terzo quartile producono sempre risultati positivi, ma nettamente inferiori; quelle dei primi due quartili sono costantemente in perdita. Dunque, per le SIM di minori dimensioni non ci sono buone prospettive di sopravvivenza. Ad incidere su questo risultato vi è il fatto che le spese amministrative (somma di spese per il personale e altre spese amministrative) crescono meno che proporzionalmente rispetto al fatturato nel passaggio da un quartile all’altro, come testimonia il valore del coefficiente di correlazione tra il totale delle spese amministrative e il margine di intermediazione, che oscilla tra 0,6 e 0,7 nell’arco del triennio analizzato. Quindi, è proprio vero che in questo mercato le dimensioni consentono di raggiungere significative economie di scala e, in questo senso, rappresentano un fattore critico di successo per le imprese.
Come detto in precedenza, le SIM possono essere classificate anche sulla base della tipologia di attività svolta. Per ogni operatore è stata così definita l’offerta prevalente, attraverso l’individuazione del servizio o della somma dei servizi che incidono per almeno due terzi sul totale delle commissioni attive incassate dalla SIM nell’esercizio di riferimento, con l’aggiunta del risultato netto dell’attività di negoziazione (voce 10 del conto economico) per le SIM autorizzate al servizio di negoziazione per conto proprio.
Il cluster più popolato risulta essere quello della gestione di portafogli, formato da circa il 20% delle SIM esistenti alla fine di ciascun anno analizzato. Il margine di intermediazione e l’utile netto cumulati di queste SIM, però, pesano mediamente solo il 6,9% e il 3,1%, a dimostrazione del fatto che il segmento più popolato non corrisponde necessariamente a quello più redditizio. Analoghe considerazioni si possono fare per il servizio di consulenza in materia di investimenti. Diametralmente opposto è invece il caso dell’attività di collocamento, presidiata in media dal 15% delle SIM, il cui margine di intermediazione e il cui risultato netto di esercizio incidono, rispettivamente, per il 32,9% e il 61,3% sul controvalore dei rispettivi totali di mercato. Si può pertanto concludere che il collocamento non è solo il servizio maggiormente remunerativo ma anche, realisticamente, il meno costoso in termini di assorbimento di risorse. Il cluster del wealth management (dato dalla combinazione dei servizi di gestione, consulenza e collocamento) si caratterizza invece per la maggiore incidenza sulle spese amministrative totali del settore, pari al 39%. Inevitabilmente più contenuto è il contributo offerto dalle altre aree di business.
Un altro risultato importante che emerge da questo studio è il fatto che circa il 70% delle SIM conferma, nell’arco del triennio oggetto di analisi, la medesima offerta prevalente e solo una su cinque cambia il proprio posizionamento da un anno all’altro. Inoltre, tali società non mutano il loro posizionamento in modo radicale, ma tendono ad ampliare o restringere il perimetro di attività nel quale già operano.
Analogamente a quanto visto per le SIM, la distribuzione del valore della produzione (voce equivalente al margine di intermediazione delle SIM) e dell’utile (o perdita) d’esercizio delle SCF attive alla fine di ciascun anno si caratterizza per pochi risultati notevolmente positivi e un raggruppamento di valori attorno allo zero. Pertanto, la forte differenziazione esistente tra i diversi operatori del mercato impone di classificare anche le SCF in base alla loro dimensione, rappresentata dal valore della produzione.
La concentrazione di risultati positivi in sole poche società determina il peso del quarto quartile rispetto al totale in tutte e tre le principali dinamiche economiche relative alle SCF e in tutti e tre gli anni di analisi: il valore della produzione rappresenta quasi l’80% del valore della produzione complessivo del settore, i costi della produzione impattano per circa il 67% del totale e, conseguentemente, la misura dell’EBITDA pesa più del 90% dell’EBITDA complessivo del settore. La differenza tra le SCF del quarto quartile e quelle più piccole è però più marcata rispetto a quanto accade nel mondo delle SIM. Del resto, la società di maggiori dimensioni da sola determina circa il 38% del valore della produzione dell’intero settore, nonché il 48% di tutto il quarto quartile.
Le SCF del quarto quartile partecipano ai costi complessivi in misura inferiore rispetto al contributo offerto al valore della produzione. Infatti, la correlazione tra costi e valore della produzione è pari a 0,8 – 0,9 ad indicare che i costi delle SCF più grandi crescono meno che proporzionalmente rispetto ai loro ricavi. Tuttavia, è abbastanza difficile fare riflessioni ponderate sui costi della produzione, su cui incide moltissimo il modello di business adottato dalla singola SCF in termini di remunerazioni riconosciute ai consulenti finanziari autonomi (CFA) che collaborano con essa. Alle 50 SCF che risultano iscritte all’albo alla data del 18 gennaio 2022 fanno riferimento 199 consulenti finanziari persone fisiche (che rappresentano il 46% del totale degli iscritti all’albo in corrispondenza della stessa data).
Tutti questi elementi di vicinanza tra il settore delle SIM e quello delle SCF ci portano a confermare l’ipotesi iniziale secondo cui le dinamiche che hanno interessato il mondo delle SIM negli ultimi vent’anni si ripeteranno in futuro per le SCF: le società di minori dimensioni dovranno necessariamente avviare percorsi di crescita dimensionale, altrimenti cederanno sotto il peso delle crescenti pressioni concorrenziali.
Per concludere, l’analisi ha messo in luce anche la difficoltà nel reperire certe informazioni all’interno degli schemi di bilancio e ha indotto alcune riflessioni circa possibili interventi migliorativi della regolamentazione in materia. In particolare, per quanto riguarda le SCF, che redigono il bilancio secondo gli schemi previsti dal Codice Civile (in forma abbreviata, o addirittura, come imprese se ricorrono le condizioni), sarebbe opportuno dare maggiore visibilità ad aspetti quali: la distinzione tra i risultati conseguiti con l’attività di consulenza in materia di investimenti e con l’attività di consulenza in materia di struttura finanziaria; a sua volta, la consulenza in materia di investimenti dovrebbe essere distintamente rappresentata per tipologia di servizio (consulenza generica e raccomandazioni personalizzate) e per segmento di clientela (clienti al dettaglio e clienti professionali); l’indicazione delle masse sotto consulenza e dei relativi ricavi per tipologia di servizio e per segmento di clientela. Le motivazioni non sono riconducibili solo ad un’esigenza di analisi delle performance economico-finanziarie delle SCF, ma anche ad un obbligo di trasparenza informativa nei confronti di tutti gli stakeholders.


 Premiazione Concorso - Giorgia Lancioni e Francesco Galvagni